Fare un film. Significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell'infanzia.

François Truffaut

venerdì 11 maggio 2012

Saimir e Il resto della notte

Titolo originale: Saimir
Francesco Munzi
Italia - 2006
Trailer italiano

Titolo originale: Il resto della notte
Francesco Munzi
Italia - 2008
Trailer italiano

Saimir è un ragazzo albanese di 16 anni. Vive a Ostia con il padre, con cui lavora trasportando immigrati sul loro furgone per conto di imprenditori agricoli locali. Come molti adolescenti, Saimir desidera un po' di indipendenza dal padre, una ragazza e una vita migliore. Le sue giornate si dividono fra il lavoro e piccoli furti messi all'opera con altri ragazzini. Sarà soprattutto l'incontro con alcune figure femminili a cambiare la vita di Saimir: innanzi tutto Simona, la futura moglie di suo padre, si trasferisce a casa loro. Saimir non la accetta e la sua presenza rinforza in lui il desiderio di abbandonare la vita con il padre e andare per la sua strada. Michela è un'adolescente italiana di cui Saimir si innamora sulla spiaggia. I due stabiliscono un rapporto finchè Michela non lo lascerà, spaventata dalle reali condizioni di vita del ragazzo. Ma sarà soprattutto l'incontro con una quindicenne emigrata in Italia e avviata con l'inganno alla prostituzione a far deflagrare totalmente il mondo di Saimir.
Il resto della notte, ambientato a Torino, narra invece la storia di diversi personaggi legati da un filo comune. Maria è una donna dell'est che lavora a servizio nella casa di una famiglia borghese molto benestante, i Boarin, composta dai coniugi Silvana e Giovanni e dalla figlia adolescente. Giovanni è un imprenditore spesso assente da casa per lavoro. Silvana è una donna molto apprensiva, che non riesce a stabilire un rapporto con la figlia. Un giorno scompaiono un paio di orecchini preziosi della padrona e Maria, investita subito dal sospetto, viene licenziata. Alla donna, che non ha un posto dove vivere, non resta che tornare dall'ex fidanzato Ionuz, che in passato aveva lasciato a causa delle sue cattive frequentazioni. L'uomo infatti, che vive in uno squallido appartamento con il fratello adolescente, Victor, si dedica a piccoli furti con la complicità di Marco, giovane tossicodipendente che ha perso la custodia del proprio figlio. Le vite di tutte questi personaggi si incrociano nel momento in cui, scoperto il passato lavoro di Maria, Ionuz decide di rapinare la villa dei Boarin con l'aiuto di Victor e Marco.
Entrambi i film hanno come tema la vita degli immigrati, ma nel primo non c'è solo questo; anzi, si può dire che il vero tema del primo film sia la crescita dell'adolescente Saimir e il suo ingresso, precoce, nell'età adulta. Munzi scrive la sceneggiatura con Serena Brugnolo e Dino Gentili e vince, oltre al nastro d'argento 2006 come migliore regista esordiente, anche la menzione speciale del Premio Luigi De Laurentiis Opera Prima alla mostra del cinema di Venezia 2004. I premi, per quanto personalmente gli attribuisca una relativa importanza, sono meritati. Il film è uno spaccato lucido e mai moralistico della vita di un giovane immigrato, dei suoi sogni, delle sue speranze e delle sue frustrazioni. Saimir desidera una vita dignitosa, al contario del padre che, ormai rassegnato, considera la loro esistenza in modo fatalistico, affermando che quello è il loro "destino". Saimir cerca di ribellarsi a questo destino provando strade alternative che lo portano sulla via della microcriminalità. I piccoli furti, che per lui sono solo un modo per guadagnare qualcosa in più per vivere, fanno inorridire Michela, che lo lascia proprio quando lui la porta nel suo "posto segreto" (una casa diroccata dove i ragazzi portano la refurtiva). Saimir non accetta le regole di questo suo mondo, dove ognuno pensa per sé e chiude gli occhi di fronte alle ingiustizie, come fa suo padre, che si nasconde dietro all'appiglio del suo lavoro (io guido e basta) per ignorare la vita e il destino degli immigrati che giorno dopo giorno trasporta consegnandoli al loro destino. Proprio uno di loro, la quindicenne portata in Italia con l'inganno (lei crede di andare a Milano), porta Saimir a compiere un gesto di ribellione definitiva, dalle tragiche conseguenze, per lui e soprattutto per il padre.
Il resto della notte, di cui Munzi firma la sceneggiatura da solo, non ha vinto nessun premio ma non per questo è inferiore al precedente. In Saimir, la storia è mostrata dal punto di vista individuale di un solo personaggio, fondamentalmente buono e innocente, per cui lo spettatore può provare simpatia e solidarietà. In Il resto della notte invece si ha una visione totale e distaccata di vari personaggi e viene mostrata in modo piuttosto crudo una realtà dura e disturbante. Il film è stato accusato di dare un'immagine stereotipata, sia della borghesia che degli immigrati. Per quanto riguarda la famiglia Boarin, il padre è il classico industriale freddo e assente con la famiglia, con tanto di amante giovane; la madre è una donna rigida piena di pregiudizi (appena non trova gli orecchini incolpa subito la governante rumena); la figlia adolescente è la voce progressista della famiglia, che lega con i domestici (a torto, Maria ha veramente rubato gli orecchini). D'altra parte, gli immigrati, ma non solo - Marco è italiano, ma tossicodipendente - dunque gli emarginati, sono tutti criminali. Eppure io non parlerei di immagine stereotipata, anche se è questa la sensazione che può dare il film. L'immagine costruita dal regista è un'immagine della realtà, non l'unica possibile, ma che per alcuni è veramente la realtà. Una realtà fatta di periferie degradate, di caseggiati affollati, di lavoro in nero e pulmini che prelevano i lavoratori come bestiame, di privazioni e sacrifici, di pasti in scatolette, di attesa in un futuro migliore e di espedienti per raggiungerlo. Il pregio del film è quello di tentare di presentare i fatti senza prendere le parti di nessuno, senza retorica o moralismi. I personaggi sono definiti e agiscono spinti dai bisogni che per loro sono basilari, i sentimenti sono un lusso. Sicuramente è un film molto duro, cupo e privo di speranza.
L'intento del regista, in entrambi i casi, era quello di realizzare dei film realistici su un tema non facile, quello degli immigrati e dell'integrazione nella società italiana. In questo senso è stata ottima la scelta di attori stranieri non professionisti, quasi tutti al loro esordio sugli schermi italiani: è il caso di Mishel Manoku, che interpreta Saimir, e di Constantin Lupescu, che interpreta Ionuz.

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