Fare un film. Significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell'infanzia.

François Truffaut

venerdì 13 agosto 2010

Mine Vaganti

Titolo originale: Mine Vaganti
Ferzan Ozpetek
Italia, 2010

trailer italiano

Se questa è, com'è stata defnita, una brillante commedia, allora io devo aver lasciato il senso dell'umorismo in frigorifero. Perchè, procedendo nella visione dell'ultima opera del turco Ozpetek, ho provato un senso di raffreddamento graduale, che congelava la curiosità iniziale per finire in indifferente apatia verso le vicende raccontate sullo schermo.
Veniamo alla trama: Tommaso è giovane, ha un fidanzato che ama, si è appena laureato in Lettere a Roma e ha scritto il suo primo romanzo (in attesa di risposta dalla casa editrice). Ma Tommaso ha anche altro: una famiglia conservatrice, proprietaria di un importante pastificio nel Salento, che si aspetta da lui l'ingresso nell'azienda di famiglia, accanto al fratello maggiore Antonio. Il ragazzo fa ritorno a casa con l'intenzione di rivelare a tutta la famiglia che in realtà non si è laureato in economia e commercio come ha fatto credere, che vuole fare lo scrittore e, soprattutto, che è omosessuale. Ma durante la cena viene scavalcato a sorpresa dal fratello Antonio, che si dichiara omosessuale e per questo viene cacciato di casa dal padre, che subito dopo ha un attacco cardiaco. Di fronte alle precarie condizioni di salute del genitore e alla responsabilità dell'azienda lasciata sulle sue spalle, Tommaso è costretto a rinunciare al suo outing e ad assumere il ruolo lasciato vacante da Antonio. Il film racconta le sue vicissitudini, il difficile rapporto con la famiglia, con l 'intraprendente socia in affari che si innamora di lui, con il fidanzato lontano, fino a che un evento drammatico nel finale riconcilia tutti lasciando comunque il futuro di Tommaso in sospeso.
Quello che non mi ha convinto di questo film è prima di tutto il fatto che procede abbastanza meccanicamente diciamo per siparietti, che non approfondiscono i personaggi, non coinvolgono, ma ci danno la versione "comica" delle loro reazioni. Così abbiamo, per esempio, il padre che al bar si fa prendere da una crisi di nervi convinto che tutti intorno sappiano del suo figlio omosessuale e ridano di lui. Oppure la zia che, dopo una breve fuga giovanile a Londra, vive succube nell'ambiente familiare e lenisce le pene con generosi goccetti d'alcol. Tremenda poi la visita degli amici gay di Tommaso da Roma, momento del film in cui si concentrano maggiormente gli sforzi comici. Questi bravi ragazzi che si sforzano di reprimere la loro vera natura davanti alla famiglia perdono tutta la dignità che avevano le fate ignoranti e con le loro battute e pose confermano in pieno lo stereotipo del padre quando afferma che si sarebbe accorto che suo figlio era gay se avesse "fatto il gay" (vestiva pure normale! esclama).
Seconda cosa che non mi ha convinto e che penalizza il film è  il cast, a cominciare da Tommaso-Scarmacio, che, per me, non ha la minima espressività, il suo personaggio sembra tagliato con l'accetta  e risulta ridicolo quando tenta di rivelare una certa profondità e se ne esce con frasi melodrammatiche come "non bisogna aver paura di lasciare, perchè tutto quello che conta non ci lascia mai" (ma per favore). Si prosegue con la madre-Lunetta Savino (la Cettina di Un medico in famiglia), la zia-Elena Sofia Ricci (la madre dei Cesaroni), il fratello-Alessandro Preziosi (il conte di Elisa di Rivombrosa)...
Mina vagante è il modo in cui i familiari chiamano la nonna, colei che fondò il pastificio insieme al cognato di cui è stata innamorata per tutta la vita (una storia a cui sono dedicati diversi flahback). Le mine vaganti, ci spiega la voce fuori campo, "servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare i piani". Un bel concetto ma che perde in efficacia dal momento che tutto sembra ricomporsi alla fine, i pezzi tornano al loro posto e, perfino la donna che meritava il soprannome, alla fine non aveva forse rinunciato al suo vero amore per sposare chi ci si aspettava che sposasse?
La scena della festa finale, in quell'atmosfera di conciliazione tra passato e presente, disinnesca definitivamente il potere sovversivo delle mine vaganti, come a dire la vita è un casino, ma tutto si supera, tutto si sistema, perchè l'importante è stare insieme...
In definitiva ci troviamo davanti a un prodotto ben confenzionato, che scorre via lieve senza lasciare niente, se non qualche sorriso strappato. Un peccato tenendo presente che in passato, con Il bagno turco, Le fate ignoranti e anche il criticato Un giorno perfetto (dal romanzo di Melania Mazzucco), il regista aveva dato prova di ben altre capacità (anche se aveva già perso qualche colpo con Cuore sacro e Saturno Contro).

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